Un Po’ Qui Un Po’ Là

29 06 2010

Due news veloci veloci, la prima riguarda la decisione da parte di New Media di non sub-distribuire più videogiochi sul territorio, scelta che da un certo punto di vista può anche essere condivisibile e, allo stesso tempo, dimostra come qualcosa che non funzioni in questo settore c’è sicuramente (se fosse realmente conveniente, lo farebbero tutti):

“Attraverso un comunicato stampa ufficiale emesso oggi, 29 giugno, New Media Spa ha comunicato l’intenzione di cessare le proprie attività di sub-distribuzione legate al mercato videoludico a partire dall’1 luglio. Per garantire continuità al servizio e la ricezione delle uscite imminenti, New Media Spa ha concordato con il distributore Db-Line un servizio di rifornimento veloce.”

Fonte: New Media stop alla distribuzione videoludica

L’altra novità invece, che riguarda ancora le aziende sopra citate, non fa che confermare come i personaggi che di solito vivono questo settore da tempo, amino un po’ di sano ricambio aziendale. Posto che vai amico che trovi. Succede da sempre e a quanto pare continuerà ad accadere.

“Db-Line, società di distribuzione attiva nel settore videoludico sotto la guida di Marco Salmini, ha espanso il proprio organico con l’ingresso di due nuove figure professionali. Andrea Michelini sarà il nuovo responsabile acquisti e responsabile delle relazioni con i fornitori, ruolo in cui vanta già una consolidata esperienza grazie al precedente incarico in Conforama. Mentre con l’ingresso di Walter Marzullo, prima impegnato presso la società Blu Media, Db-Line aprirà, entro la fine di luglio, una filiale in Emilia Romagna. “Siamo soddisfatti dell’arrivo di Walter, una persona dinamica e appassionata che vanta un’esperienza a tutto campo”, commenta Marco Salmini, presidente di Db-Line. “Il suo know-how ci sarà di grande aiuto per intensificare, insieme al suo team, il rapporto di partnership con gli operatori del retail e per coordinare lo sviluppo del nostro progetto di affiliazione Game People”.”

Siamo la sorella minore della politica.

Parlerei anche di Game People, ma ora non ne ho proprio voglia.

Fonte: Andrea Michelini e Walter Marzullo in DB-Line





Opening Mania (Chrono Cross)

28 06 2010

Non le fanno più le intro di una volta:





L’Allineamento Distruttivo

24 06 2010

Quest’oggi mi piacerebbe analizzare alcuni concetti espressi nell’editoriale di Giugno della rivista TIM firmato da Matteo Bonassi (mia personale musa ispiratrice).

Leggo con interesse l’iniziativa portata avanti dalla casa editrice tramite alcune azioni di mystery shopping (svolta in questo caso da giornalisti), pratica marketing utilizzata di solito da varie aziende per monitorare l’andamento e l’organizzazione di uno specifico punto vendita inclusi aspetti quali accoglienza, servizi proposti e tutti quegli elementi atti a soddisfare pienamente le esigenze di un cliente.

Il primo punto che mi salta all’occhio è relativo all’allineamento dei prezzi da parte del trade specializzato rispetto a quelli della gd. Questa affermazione (errata, basta fare delle semplici rilevazioni in store per rendersene conto, attualmente vige la pura anarchia) evidenzia come il mercato indipendente attuale (gamestop sarà anche specializzato, ma nelle vene ha sangue puro da gd) abbia dovuto inevitabilmente abbassare i propri prezzi di vendita a causa dei capricci e delle politiche commerciali insensate che regolarmente vengono attuate da insegne come media world, euronics, carrefour e compagnia bella.

Significa quindi che a fronte di uno sconto comunque minore rispetto a quello di cui godono le insegne sopra citate io, povero e piccolo indipendente, devo ulteriormente abbassare il mio ricarico, il più delle volte ridicolo, per mantermi competitivo? Visto che la risposta è ovviamente sì, più che “specializzati a prova di bomba” (titolo dell’editoriale) direi “specializzati sempre a novanta”.

Si evidenzia inoltre come il mercato attuale dovrebbe imporre ad un imprenditore interessato al settore videoludico o, perchè no, ad uno storico street store, l’affiliazione a programmi d’acquisto quali Gamelife, Gamesbond, Opengames ed altri duecento che ora non ricordo, per potersi considerare un minimo concorrenziale. Questo perchè lo scopo, secondo quanto leggo, sarebbe quello di permettere ai vari publisher “una distribuzione al dettaglio sempre più capillare, efficiente e soprattutto competente”.

Vogliamo fare così? Va bene (non è vero!), allora suggerisco un giro dai publisher di cui sopra per chiedere le stesse identiche condizioni di mercato di cui godono le insegne che hanno costretto il trade indipendente ad allinearsi ad una logica di vendita così sleale. Tangenti incluse.

Aspetto fiducioso aggiornamenti…

Altro punto di particolare interesse dell’editoriale è dato dalla necessità di forzare maggiormente la mano sul quel mercato dell’usato così odiato dagli stessi pubblisher di cui sopra (entriamo in modalità paradosso). In questo caso il suggerimento, ennesimo, è quello di mungere la vacca finchè è calda, spremendo al massimo una tecnica commerciale che ovviamente non tutti posso contrastare nè applicare. Se gamestop ha nell’usato una percentuale di fatturato di circa 25/30%, significa che ogni attività, per sopravvivere, debba fare altrettanto? La massificazione di questa proposta ha i suoi punti forti non nell’acquisto vero e proprio di un prodotto preowned (a quei prezzi ci mancherebbe, oltre al fatto che il mercato dell’usato esiste già da 10 anni, mercatini online inclusi) ma nel ritiro di prodotti usati per l’acquisto di nuovi. Ha un indipendente la capacità economica e di magazzino per rischiare tutto questo? Può permettersi la circolazione di un prodotto su mercati esteri? Ovviamente no, perchè ancora una volta il suggerimento non è quello di creare alternative al modo di fare business, ma è invece un invito ad un ulteriore allineamento verso pratiche commerciali ambigue.

Diverso il discorso relativo al side-business (anche se scoprirlo ora, è un sintomo preoccupante), aspetto dell’analisi che condivido pienamente a cui però non viene data l’importanza che in realtà merita. Personalmente sono decisamente convinto che questo rappresenti invece uno dei punti più importanti su cui un’indipendente specializzato debba concentrarsi, questo perchè viene creata diversità di offerta e libertà di proposta. Non è un caso se negli ultimi anni vi è stata un feroce rincorsa per accaparrarsi/rubare le distribuzioni più disparate di accessori/guide/gadget e se questo segmento risulti l’unico che ancora resiste alla crisi economica.

Differenziarsi, sempre!

Sull’ultima parte preferirei non commentare, la mia opinione l’ho già espressa altre volte:

“Infine occhi aperti sulle limited edition: purtroppo non possiamo ancora svelare nulla*, ma vi garantiamo che a breve ne verranno annunciate di faraoniche e super personalizzate. Non proporle nel proprio punto vendita si tramuterebbe in un grosso vantaggio per i competitor.”

Link all’editoriale: Specializzati a prova di bomba





Opening Mania (Xenogears)

22 06 2010

Le migliori intro della storia, oggi si parte con quel dannatissimo capolavoro di Xenogears (rigorosamente in Giapponese):





Il Silenzio E’ Oro?

21 06 2010

Quella che segue è la traduzione di un articolo pubblicato su polygamia.pl

Ho passato le ultime due serate su Heavy Rain, un gioco che spinge decisamente a riflettere. Quando finalmente ho lasciato il pad, un pensiero non mi dava pace, un’ idea del tutto estranea alla storia che avevo appena finito di vivere. Negli ultimi anni l’approccio ai dialoghi nei giochi è cambiato radicalmente, abbiamo avuto l’opportunità di testimoniare una rapida evoluzione, paragonabile al salto dal muto cinema in bianco e nero ai film a colori di oggi con audio 5.1. La differenza è una sola – mentre nei film, con la diffusione dell’audio la quantità di testo è aumentata in modo significativo, nei giochi si è avuta piuttosto una tendenza opposta.

Siamo onesti – ogni fan di giochi di ruolo sa bene che la vera narrazione si è conclusa con Planscape Torment e Fallout 2 . Dove sono finiti i videogiochi pieni di eroi, interessanti ed argute chiacchierate con praticamente ogni personaggio incontrato, diversi modi di condurre una discussione, linee nascoste che appaiono solo quando vengono completate (a volte in modi molto esotici) specifiche condizioni? Cose del passato con dialoghi a compensare carenze grafiche e la mancanza di mimica facciale attraverso il testo. Oggi questi videogiochi non li fa più nessuno. Neanche quelli a tripla A utilizzano ormai dialoghi muti.

NOTA: Nel classico sistema testuale MUD il dialogo è, ancora oggi, l’equivalente funzionale dello scegliere la via attraverso un labirinto, un mistero, il mezzo di navigazione attraverso lo spazio di gioco, l’esplorazione, il combattimento e il dialogo.

I giochi degli anni ’90 nascono infatti dalle stesse radici dei giochi testuali e sotto molti aspetti assomigliavano ad un libro interattivo – esattamente come oggi Mass Effect ed Heavy Rain ricordano in qualche modo i film interattivi.

Avanziamo di pochi anni per analizzare i giochi a partire dall’inizio del XXI secolo. L’espressione sonora dei personaggi è ormai la norma – mentre i dialoghi o sono stati rinchiusi in qualche ghetto fatto di scene di intermezzo, o semplicemente c’è ne sono molti, molti di meno. Cosa è successo?

Nel corso della loro evoluzione i videogiochi si sono allontanati dalla propria influenza letteraria per raggiungere un nuovo ambiente pieno di pericoli. Hanno dovuto imparare a vivere in condizioni radicalmente diverse …

Nella terra dell’audio

Per iniziare, un concetto banale: i dialoghi sono diversi da quello che sembrano. Questa verità lapalissiana ha delle conseguenze, che possono essere facilmente visibili quando, dopo aver raggiunto il libro più vicino, lo si inizia a leggere ad alta voce. La lettura a voce alta di qualsiasi porzione di testo richiede molto più tempo di quello che nel frattempo l’occhio ha già assimilato. Lo scrittore può permettersi facilmente due paragrafi di monologo per un eroe, mentre il game designer si trova in una situazione più complicata. Il giocatore vuole sperimentare il videogioco al proprio ritmo e se l’utilizzo di troppi dialoghi rallenta (secondo lui) l’azione – tenderà, senza indugio, a saltare l’intera scena.

Come se non bastasse, tra lo scrittore e il videogiocatore appare un altro intermediario – l’attore. Nei videogiochi muti il giocatore può immaginare ogni intonazione, tono e ritmo della discussione. I dialoghi registrati sono come sono – tutte le imperfezioni del testo possono essere ascoltate in modo pulito e chiaro.

La popolarità della sonorizzazione ha inoltre confermato come alcuni trucchi utilizzati durante la stesura di un dialogo hanno smesso di funzionare. Nei dialoghi muti è possibile utilizzare gli stessi testi standard per donne, bambini e uomini. Quando si è inserita la voce, la logica di programmazione è cambiata, il numero di file e situazioni dove è possibile commettere un errore è aumentato. Fine della generazione dinamica delle risposte e dell’inserimento di un nome per il proprio personaggio da parte del videogiocatore all’interno dei dialoghi. Nel processo di creazione del gioco appaiono nuovi elementi…

NOTA: Utilizzando la stessa conversione (escluse le sequenze di combattimento ed esplorazione) si può presumere che un medio gioco di ruolo contemporaneo ha uno script di almeno 1000 pagine – circa otto lungometraggi.

Registrazioni al buio

L’arte del doppiaggio si è sviluppata ormai da qualche decennio, sul mercato esistono studi professionali di doppiaggio, con attori dal grande talento vocale. Perché, allora, in un gran numero di videogiochi la registrazione è fatta in un modo che spesso grida vendetta?

La sonorizzazione nei videogiochi richiede un approccio completamente diverso. Non si può semplicemente scegliere gli attori e dire loro di recitare e doppiare l’immagine che vedono sullo schermo. Le prime registrazioni di solito iniziano con la fase alpha, quando il gioco è ben lungi dall’essere pronto, alla ricerca di una stabilità sommersa da migliaia di bug e parte dei personaggi è ancora rappresentata da manichini di colore grigio con un segnaposto di carta sulla schiena.

Gli attori e il regista hanno a disposizione una descrizione dei personaggi con immagini dei modelli o schizzi e stampe dei testi da registrare. Inoltre, per motivi logistici, tutte le registrazioni relative ad un determinato personaggio vengono fatte in un singolo momento – oltre al fatto che alcuni attori prestano la propria voce per più di un personaggio. Spesso, anche se i personaggi del videogioco stanno parlando tra di loro, è probabile che i rispettivi doppiatori/attori non si siano mai visti una volta durante le registrazioni.

La persona che presta la voce per il videogioco di solito ha di fronte una descrizione di base della situazione da doppiare, le caratteristiche generali del personaggio e forse due o tre screenshot. Il successo dipende in gran parte dai suggerimenti del regista e dai commenti inseriti dagli sviluppatori nei dialoghi stessi. Molto spesso le didascalie sono più lunghe del testo parlato. Questo significa che la preparazione del dialogo adattato per la registrazione richiede più tempo rispetto a quello necessario per scrivere il testo stesso.

NOTA: Molti attori sono in grado di gestire più di una voce durante le registrazioni. Più è caratteristica la voce, più velocemente il doppiatore si stanca e meno tempo dedicherà alla registrazione. Dopo diverse ore di parlata non-stop il tono della voce cambia – e va ricordato che i frammenti di registrazione fatti in momenti diversi, in giochi non lineari, possono capitare all’interno dello stesso dialogo.

Le restrizioni sono tante e proprio queste limitazioni aumentano la creatività ed i nuovi modi per aggirarle non fanno che modificare il medium stesso.

Evoluzione della specie

I videogiochi sono in evoluzione. Sopravvivono soluzioni che nonostante i limiti esistenti riescono ad ottenere un effetto migliore.

Sempre più spesso le scene chiave di una storia sono interpretate da attori in studi cinematografici e vengono implementate nel videogioco praticamente senza nessuna modifica. L’effetto visivo è perfetto e in aggiunta è possibile utilizzare una varietà di soluzioni già adottate nel doppiaggio per il cinema. Funziona – basta guardare le cutscene in GTA 4, i dialoghi chiave di Mass Effect, o praticamente tutto Heavy Rain. Tuttavia l’utilizzo di questa tecnica per tutte le 90 ore di un RPG fatte di complesse relazioni di gruppo e dialoghi approfonditi con personaggi secondari rimane al di là del budget di qualsiasi studio di sviluppo. L’evoluzione continua.

Viene superata quella barriera, che esisteva fino a poco tempo fa, tra il dialogo e il videogiocatore. Non è più necessario vedere chi parla per ascoltare cosa ha da dire, così come non è necessario smettere di combattere per leggere le parole di un personaggio. I personaggi discutono mentre si sparano, parlano, esplorano il mondo di gioco. I diari registrati (vedi Bioshock) sostituiscono densi testi scritti su schermo con un riassunto delle missioni. La fluidità aumenta ed il giocatore è immerso più a fondo nel mondo di gioco.

Non tutti hanno memoria visiva – il messaggio, che colpisce più sensi risulta più efficace. Quanto più si comunica il contenuto del gioco attraverso il suono e l’immagine, tanto più questo medium diventa comune.

Una nuova narrazione

Nel nuovo ambiente e grazie alle funzionalità disponibili è possibile stabilire una nuova modalità narrativa. game designer hanno a disposizione nuovi mezzi di espressione: un cambiamento di intonazione, gesti od espressioni del viso di un bravo attore possono trasmettere più di mille parole. I dialoghi sono sempre più professionali e – non abbiamo paura di dirlo – più naturali, liberi e letteralmente migliori.

Esistono anche trucchi che si basano sulle abbitudini dei videogiochatori. Dare il controllo al giocatore di decidere in quale momento della scena (ed in generale) l’eroe può iniziare un dialogo, è il pilastro di Heavy Rain, mentre la tendenza ad un dialogo “cliccabile” è stato, in Mass Effect 2, un meccanismo d’azione senza la necessità di interrompere la conversazione.

NOTA: L’aumento dell’immersione permette ai game designer di giocare con la percezione del giocatore. Il testo della demo di Heavy Rain “Un altro cliente che pensa di potermi comprare” una volta è semplicemente amaro, l’altra è percepito come un’allusione personale – a seconda di come il giocatore ha iniziato il dialogo. Una lettura della situazione è determinata non solo dal contenuto puro, ma anche dal contesto più ampio.

Sono cambiati radicalmente anche i pensieri circa la struttura dei dialoghi. Meno frequentemente incontriamo strutture ad albero classiche con inizi tipo “Ciao straniero”, successiva assegnazione di una missione e che terminano con una frase immortale come “addio”. Se dovessi speculare, direi che il nuovo standard sarà composto da collegamenti diretti di dialoghi e scene in cui la scelta non si collega alla prossima domanda, ma va in una direzione in cui tutta la scena stessa dovrà svolgersi. Questo approccio aiuta a mantenere gli eventi drammatici e riduce significativamente il numero di errori e gli imbarazzi che si possono verificare durante la registrazione e la traduzione del testo.

E dopo?

I videogiochi sono cambiati e – come nei film – così il nostro settore ha avuto, nei suoi punti evolutivi più critici, quello di aumentare l’utilizzo dell’audio. E non siamo andati tanto male.

Continuando l’analogia con i film – si può essere fan di Metropolis di Fritz Lang, ma allo stesso tempo non possiamo rifiutare il valore della produzione contemporanea. Ricordando Torment vale la pena notare che negli ultimi anni i videogiochi hanno assorbito molti concetti legati ai film, iniziando ad utilizzarne gli stessi modi narrativi. Interagire con più sensi risulta un metodo efficace per stimolare le emozioni dei videogiocatori.

Anche se, data la popolarità del retrogaming, il grande ritorno alla pixelart oltre all’annuncio di ADOM sull’IPAD, non stupitevi se da qualche parte là fuori è in attesa di essere lanciato un nuovo classico gioco di ruolo con milioni di mute righe di dialogo.

Autore: Artur Ganszyniec

Link Articolo Originale: Milczenie Jest Zlotem?

Traduzione: Carlo Fracchioni, Justyna Machowiak-Fracchioni





Riviste Storiche (Consolemania)

18 06 2010





Maledetta Esperienza

17 06 2010

Circa un anno fa decisi di regalare ad un amico l’abbonamento alla rivista Game Pro. La storia di come sia finita la favola e del perchè la conoscono ormai anche i sassi, così per correre ai ripari Sprea Editori decise, giustamente, di rimborsare parte dell’abbonamento già pagato sostituendo i numeri rimanenti con quelli di un’altra rivista a scelta.

Indeciso fino alla fine tra “Professione Camionista” e “The Games Machine (TGM)” ho optato per quest’ultima essendo una rivista storica a cui mi sento molto legato. La seguo da tempi immemori ed è stata una compagna fedele nella mia maturazione come appassionato di videogiochi.

Una passione che coltivo da più di vent’anni e che mi ha permesso di vivere costantemente lo sviluppo di questo nuovo medium arricchendo così un bagaglio culturare che reputo di sicuro molto ampio.

Con il tempo mi sono così ritrovato a veder cambiare/sviluppare le mie preferenze, sia in ambito videoludico (ho iniziato con il commodore 16 e mi ritrovo ora circondato da console di ogni tipo) che editoriale. Diciamo pure che con il passare degli anni, dopo averne viste di tutte, si tenda a diventare sempre più esigenti e, allo stesso tempo, molto meno “impressionabili”. Aggiungiamo il fatto che nel frattempo ne ho fatto anche un lavoro ed ecco che il simpatico quadretto viene facilmente incorniciato.

Riprendendo la rivista dopo tanto tempo (proprio per il mio interesse sempre più legato al mondo console rispetto a quello pc), ho notato come la lettura di questa fosse spesso molto veloce, non vedevo particolari spunti di interesse, i dossier mi sembrano ben scritti ma già sentiti e letti mille volte, così come gli editoriali o contro editoriali.

Avevo continuamente la forte sensazione di avere tra le mani una rivista già letta.

Per un attimo mi è sembrato di vedere una mezza luce in fondo al tunnel quando per un paio di numeri si è cercato di analizzare (male) il business che agita costantemente il nostro hobby preferito, purtroppo è durato poco ed il perchè ovviamente lo posso solo ipotizzare (nessun all’interno della redazione sa in realtà come funziona realmente il “dietro le quinte”).

Ovviamente non è una questione di redazione che, nonostante non sia più quella di una volta, rimane comunque molto valida, nè della rivista in sè che può contare su di una struttura ormai consolidata e che a quanto pare resiste grazie allo zoccolo duro di fedeli lettori o a quello occasionale grazie al gioco allegato. E’ una questione personale in cui dopo tanti anni spesi tra videogiochi, riviste, internet e lavoro si ha la continua sensazione di aver già visto e sentito tutto con l’esigenza, comunque legittima, di accrescere la propria cultura videoludica attraverso qualcosa di nuovo.

Riviste “alternative” come Edge o Videogiochi risultano forse più adatte a quello ora sono diventato, ma allo stesso tempo mi danno la sensazione che, sotto certi punti di vista, alcuni aspetti di questo settore siano gli stessi di vent’anni fa e che nulla sia cambiato veramente da allora.

Pirateria, durata dei videogiochi, prezzi, spedizioni, corrispondenza, la pubblicità di Bit World, problematiche legate al business di settore, l’editoria stessa….tutto uguale.

Vedremo cosa ci riserverà il futuro, nel frattempo torno a leggere Consolemania.





Gran Turismo 5 (Collector’s Edition Del Giorno)

16 06 2010





Falsa Onestà

11 06 2010

Inoltro questo articolo pubblicato sul sito http://www.angolodifarenz.it (http://www.angolodifarenz.it/2010/06/08/gamestop-notizie-dallinterno/) non tanto per l’analisi, secondo me errata, che viene fatta sul discorso giochi usati + codice bonus, ma per evidenziare la politica che probabilmente verrà utilizzata da Gamestop per gestire queste nuove idee commerciali quali project ten dollars ed online pass.

Di seguito l’estratto che più mi interessa:

“Chi l’avrebbe mai detto… tra di noi c’è una spia!!!!

O meglio… un infiltrato!

Trattasi del nostro amico storico Orphen90 che – chi l’avrebbe mai detto – è un commesso del GameStop. Ebbene, molto gentilmente, Orphen mi ha mandato una mail facendomi (e facendoci di conseguenza) chiarezza sulla politica di GS sul discorso del codice per giocare online, che a quanto pare prenderà piede in tempi MOLTO brevi.

L’esempio è molto semplice. Titolo in questione: UFC 2010.

Prezzo del gioco nuovo: 70 euro, comprensivi del famoso codice per giocare online. Io lo compro, ci gioco per qualche giorno (sia offline che online) e mi stufo. Bon, decido di darlo dentro al gamestop. Perfetto, il mio gioco usato verrà valutato 5 euro in meno del normale.

Un secondo acquirente, che acquisterà quindi la mia copia usata, la pagherà 5 euro in meno rispetto agli usati “normali”. Se poi vorrà giocare online, dovrà acquistare un secondo codice del valore di euro 10.”

L’idea di base quindi prevede una valutazione ed un costo di vendita minori in base a quanto l’utente dovrà andare a spendere per l’attivazione dei servizi aggiuntivi via carta di credito, microsoft point e playstation network card.

Politica assolutamente prevedibile (altre strade non ne vedo) che conferma però come la valutazione e sproporzione dei costi legati al mercato dell’usato creati da Gamestop  permetta l’attuazione di queste scelte senza nessun problema rilevante (il loro caro ricarico soraumano non viene intaccato) e che mi fa sorgere allo stesso tempo alcune domande:

  • l’attivazione del codice interno al gioco è verificabile? Quelli presenti in titoli recenti erano visibili e non richiedevano di essere “grattati”. Se così fosse sarebbe abbastanza semplice raggirare la valutazione del prodotto.
  • se decido di portare il gioco nuovo dopo diverso tempo per una valutazione dell’usato (senza quindi sfruttare alcuna “offerta” del tipo: finisci il gioco entro 4 ore, riportacelo indietro e te lo super rivalutiamo!), rimarremmo sui classici 5/10€ di media? E se così fosse, vista la situazione descritta all’inizio, il gioco te lo regalo?

Se qualcuno più bravo di me volesse darmi una mano a risolvere questi arcani misteri, gliene sarei immensamente grato!





Stammi Alla Larga

10 06 2010

Da ormai diversi mesi sto portando avanti un progetto imprenditoriale, insieme ad altri soci, con l’intento preciso di sviluppare un’idea di settore completamente nuova.

Per far ciò, come ovvio, è necessaria una pianificazione accurata di tutto quello che andrà a comporre questo progetto, investimenti pubblicitari inclusi. Il tutto si traduce quindi in un documento chiamato Business Plan che necessita di essere approvato affinchè ognuno di questi investimenti sia giustificato ben prima che il progetto prenda effettivamente vita.

In parole povere ho dovuto “recuperare” il maggior numero di dati possibili sui costi che andremo a sostenere per promuovere questa attività, sia a livello di immagine che pubblicitario (cartaceo ed online).

Ho deciso dare il via alla mia maratona concentrandomi sull’editoria cartacea, sia questa di settore che non, ottenendo senza grossi problemi tutte le informazioni necessarie. Timeline, spazio, costi, durata della campagna.

Il passo successivo è stato quello di contattare tutte le realtà online di settore da me più conosciute. I risultati in questo caso sono stati decisamente più deludenti, precisando subito che l’unica nota positiva è arrivata da nextgame.it, portale videoludico edito da Edizioni Master. In questo caso mi è stata formulata una proposta completa, seria e professionale.

Discorso completamente diverso invece per quanto riguarda le altre realtà che avventatamente ho azzardato a contattare, eccole in rigoroso ordine alfabetico:

  • everyeye.it
  • italiatopgames.it
  • multiplayer.it
  • spaziogames.it

In questo caso i risultati sono stati due, silenzio totale o gara a chi ce l’ha più lungo (multiplayer.it) con l’immancabile sfoggio di numeri da capogiro che hanno portato all’unica soluzione possibile, il vuoto cosmico! Nonostante i successivi chiarimenti si è infatti caduti, anche in questo caso, in un simpatico nulla di fatto (traduzione: nessuna proposta/quotazione).

Sicuramente ci sono logiche editoriali che mi sfuggono, come il non voler vendere eventuali spazi pubblicitari a qualcuno per paura di diffondere dati sensibili (quali ancora non l’ho capito), certo è che a volte la sensazione che realtà di questo tipo, partite per passione e diventate qualcosa di più grosso con il passare del tempo, continuino a poggiare su organici e persone inadeguate per il ruolo richiesto è decisamente alta (che presuntuoso che sono!).

Mi starò probabilmente sbagliando, ma qualche esperienza diretta vissuta negli ultimi anni, mi fa pensare il contrario.